giovedì 30 giugno 2016

L'Opale di fuoco del Messico


L'opale di fuoco è una pietra molto rara e desiderata da tutti gli amanti delle gemme preziose. Si riconosce dalle sfumature rosso/arancio, che, negli esemplari più pregiati, regalano degli stupendi effetti opalescenti. I giacimenti più grandi dell'opale di fuoco sono in Messico. Nelle antiche civiltà Maya e Azteche era utilizzata nelle cerimonie sacre, in quanto catalizzatrice delle energie interiori.


 L'Opale di fuoco è un silicato, ha una struttura non cristallina e presenta numerose inclusioni di acqua e di gas. A donarle il colore rosso è la presenza di ossido ferroso.
Il suo nome, se andiamo a rintracciare le origini nella lingua greca e sanscrita, significa proprio "pietra preziosa". E' perfetta per essere incastonata in anelli e ciondoli, ma, al di la della sua bellezza, nell'ambito della cristalloterapia rivela di avere delle enormi potenzialità.
L'opale di fuoco, nonostante il nome potrebbe portarci in errore, non è caratterizzata da una grande durezza e non ama le alte temperature. Presentando piuttosto delle inclusioni di acqua, troverà il proprio ambiente ideale nei luoghi umidi. è comunque sia sconsigliato, oltre che esporla per lunghi periodi al sole, immergerla nell'acqua.





Le prime notizie sull’opale messicano risalgono ai tempi degli Aztechi che lo usavano per scopi ornamentali in un periodo compreso tra il 1200 e il 1519. Con la conquista degli Spagnoli tutte le informazioni sulle miniere di opali andarono disperse, fino al 1840, anno in cui Sir José Maria Siurab riscoprì alcuni depositi nelle miniere di Santa Maria Iris nell’Hacienda Esmeralda. Nel 1855 altri depositi furono scoperti ad Hacienda Esperanza. Il picco di produzione si ebbe nel 1969 in seguito alla forte richiesta di opale messicano.


Molto sono state le miniere di opali aperte in Messico, le più famose sono senz’altro quelle nella regione di Magdalena. Tra esse spicca la miniera di Jalisco che ha prodotto opali di qualità eccezionale. Tutte le miniere hanno iniziato ad essere pesantemente sfruttate nel decennio 1965-1975, in seguito ad una vera e propria febbre dell’opale (si narra che anche opali preziosi fossero venduti “a sacchi” in quel periodo).


Anche se in Messico si trovano opali di vario tipo (nobile, rosa, boulder), il più famoso opale Messicano è senz’altro l’opale di fuoco (con o senza arlecchinamento), di ottima qualità e di colore variabile dall’arancio al rosso.
Oggi l’opale di fuoco è considerato gemma nazionale del Messico.
È appunto in questa nazione che si rinvengono i depositi più significativi di opale di fuoco, estraibile in numerosi depositi a cielo aperto. I tagliatori apprezzano molto l’opale di fuoco messicano, in quanto disponibile sul mercato in pezzi di buona caratura e eccezionale qualità, sia da cabochon (principalmente per i grezzi con evidente arlecchinamento) che da sfaccettare per quanto riguarda i campioni con ottima limpidezza e con caldi colori intensi rosso e arancio. Oltretutto gli opali messicani, specie in rapporto a quelli provenienti da altre località, sono molto stabili e ben si prestano ad essere impiegati in gioielleria, anche di alto livello. 



Non è facile trovare l'opale di fuoco in commercio come pietra grezza, per questo motivo è bene prestare molta attenzione a diffidare di chi vorrebbe venderci un "opale di fuoco" a una manciata di euro. Esistono delle riproduzioni davvero ben fatte, altri potrebbero venderci altre pietre rosse (come la corniola) al posto dell'opale di fuoco, giocando sulla presunta poca conoscenza in materia di chi si trova di fronte. Assicuriamoci quindi della loro provenienza e acquistiamola solo da persone di cui possiamo fidarci.
Gioiello con Opale
I prezzi dell’opale messicano sono fortemente variabili in base alla qualità, è possibile incontrare sul mercato pietre eccezionali che arrivano anche a superare il migliaio di dollari al carato!

Peter Carl Fabergé: Il gioielliere della Corona Imperiale

Peter Carl Fabergé conosciuto anche come Karl Gustavovič Faberže (San Pietroburgo, 30 maggio 1846 – Losanna, 24 settembre 1920) è stato un gioielliere e orafo russo. Divenne particolarmente noto per le famose Uova Fabergé, prodotti d'alta gioielleria, realizzati con l'uso di metalli e pietre preziose nello stile delle uova di Pasqua.


Nacque a San Pietroburgo, in Russia, da padre tedesco, il gioielliere Gustav Fabergé, e da madre danese, Charlotte Jungstedt.
Fu educato inizialmente a San Pietroburgo ma, nel 1860, Gustav Fabergé assieme alla moglie ed ai figli si ritirò a Dresda lasciando la sua attività nelle mani di esperti e fidati manager. Peter Carl frequentò in questi anni un corso alla Scuola delle Arti e dei Mestieri di Dresda.
Nel 1864, Peter Carl si imbarcò per un Grand Tour in Europa con lo scopo di visitare le principali gioiellerie di Germania, Francia ed Inghilterra.
I suoi viaggi e studi proseguirono sino al 1872, quando, all'età di 26 anni, fece ritorno a San Pietroburgo e sposò Augusta Julia Jacobs.
Per i successivi dieci anni, il padre predispose che il mastro di bottega Hiskias Pendin divenisse il suo mentore e tutore, in quanto proprio in quegli anni, la bottega dei Fabergé si trovava a dover catalogare, riparare e restaurare oggetti provenienti anche dall'Ermitage. Dato l'incremento delle richieste, nel 1881 l'attività venne trasferita in una delle principali strade della città di San Pietroburgo, al 16/18 di Bolshaya Morskaya.

Peter Carl Fabergé
Alla morte di Hiskias Pendin, nel 1882, Carl Fabergé ottenne da solo la responsabilità di condurre l'attività di famiglia. Carl ottenne dal governo il titolo di Maestro Gioielliere, il che gli permise, oltre alla firma, di porre sui suoi oggetti un marchio personale. La sua reputazione era così alta che gli venne evitato anche l'esame da parte dell'istituto preposto. Suo fratello, Agathon, disegnatore di creatività e talento grandiosi, aderì al progetto del fratello, creando una bottega affiliata a Dresda.

Officine Fabergé- 1903
Carl e Agathon parteciparono alla Esibizione panrussa, che si tenne a Mosca, nel 1882. Carl, per l'occasione, ottenne la medaglia d'oro dell'esibizione e la medaglia dell'Ordine di San Stanislao. Uno dei pezzi migliori, esposti per l'occasione dalla famiglia Fabergé, era la replica di un prezioso braccialetto del IV secolo, in oro, proveniente dal tesoro di Scizia e presente nel tesoro dell'Hermitage, bello al punto che lo zar, vedendolo, disse apertamente che non si poteva distinguere la riproduzione dall'originale, tanto era somigliante. Da quel punto in poi, le opere della famiglia Fabergé entrarono a far parte della collezione imperiale e gli artisti vennero ammessi a corte.


L'ecletticità del lavoro dei Fabergé consisteva nel rendere ogni oggetto particolarmente prezioso, attraverso l'aggiunta di disegni e particolari unici al mondo, oltre all'utilizzo di automi e sistemi innovativi per i gioielli stessi.
Nel 1885, lo zar Alessandro III di Russia diede alla Casa Fabergé il titolo di Gioiellieri per nomina speciale della Corona Imperiale.



Lo stesso zar commissionò alla compagnia la realizzazione di un prezioso uovo di Pasqua, in oro e pietre preziose, come regalo per la zarina Marija. Visto il successo del primo regalo, lo zar ne commissionò un altro, per l'anno successivo. Ad ogni modo, nel 1888 Carl Fabergé ottenne la libertà di esecuzione e il nuovo oggetto divenne molto elaborato e prezioso. Secondo la tradizione della famiglia Fabergé, nemmeno lo zar avrebbe saputo il risultato finale: l'unica sicurezza era che, all'interno, doveva trovarsi una sorpresa. Lo zar successivo, Nicola II, ordinò due uova ogni anno, uno per la madre e uno per la moglie, Alexandra, e la tradizione proseguì sino alla Rivoluzione d'ottobre.


Grazie anche a questi oggetti, Fabergé divenne la più grande gioielleria della Russia. Oltre alla sede di San Pietroburgo, altri distaccamenti si trovavano a Mosca, Odessa, Kiev e Londra. Tra il 1882 ed il 1917, si è calcolata una produzione di circa duecentomila oggetti preziosi.


Nel 1900, Peter Carl Fabergé presentò le proprie opere all'Esposizione mondiale di Parigi, ma, siccome egli era anche membro della giuria, la Casa Fabergé si esibì hors concours (fuori concorso). Ad ogni modo, la Casa ottenne la medaglia d'oro dell'esposizione e l'associazione dei gioiellieri parigini riconobbe a Carl Fabergé il titolo di maître. Inoltre, Carl Fabergé venne decorato con la croce di cavaliere della Legion d'onore.

“Uovo di trifoglio” creato da Fabergé nel 1902: realizzato con oro, platino, diamanti e rubini

La rivoluzione russa e la nazionalizzazione

Nel 1916, la Casa Fabergé poteva contare su un capitale di compagnia di tre milioni di rubli.
L'anno successivo, con lo scoppio della Rivoluzione d'ottobre, la direzione della compagnia venne affidata al Comitato degli Impiegati della Compagnia C. Fabergé. Nel 1918, la Casa Fabergé venne nazionalizzata dai bolscevichi e tutti i pezzi, presenti in magazzino, vennero confiscati.
Dopo la nazionalizzazione del lavoro della fabbrica, Carl Fabergé lasciò San Pietroburgo con un treno diplomatico verso Riga. A metà novembre, la rivoluzione aveva già raggiunto la Lituania e, nuovamente, Carl si spostò in Germania. Eugène, il figlio primogenito di Carl, riuscì a fuggire con la madre in Finlandia, ove giunse a piedi, nel dicembre del 1918. Durante il giugno del 1920, Eugène raggiunse Wiesbaden, ricongiungendosi al genitore ed accompagnando il padre in Svizzera, ove prese rifugio, con la famiglia, al Bellevue Hotel, a Pully presso Losanna.


Peter Carl Fabergé non si riprese mai dallo shock della Rivoluzione russa e morì, in Svizzera, il 24 settembre 1920. La sua salma riposa oggi nel Cimetière du Grand Jas, a Cannes, in Francia, assieme alla moglie, morta nel 1925.

mercoledì 29 giugno 2016

Il Papavero, il fiore che ricorda i caduti in battaglia

Il Remembrance Day (o Armistice Day) è un giorno di commemorazione osservato nei paesi del Commonwealth e in diversi stati europei (comprese Francia e Belgio) per commemorare la fine della prima guerra mondiale e altre guerre. Viene osservato l'11 novembre, giorno in cui nel 1918, ebbe termine il primo conflitto mondiale. Il Remembrance Day è dedicato specificamente agli appartenenti alle forze armate che vennero uccisi durante la guerra, e venne istituito da Giorgio V del Regno Unito, il 7 novembre 1919, su suggerimento di Edward George Honey.


Le tradizioni comuni britanniche, canadesi, sudafricane, australiane e neozelandesi, comprendono due minuti di silenzio all'"undicesima ora dell'undicesimo giorno dell'undicesimo mese" perché fu quello il momento in cui l'armistizio, (sostantivo maschile, dal latino moderno armistitium, composto di arma, "armi", ed il tema di stare, "fermarsi"), accordo fra stati belligeranti che sospende totalmente a tempo determinato le ostilità, divenne effettivo sul fronte occidentale. I due minuti ricordano rispettivamente i caduti della prima e della seconda guerra mondiale; prima del 1945 il silenzio era di un minuto solo.
L’origine di questa particolare usanza risale ad una poesia scritta nel 1915 composta da John McCrae, tenente colonnello medico e poeta canadese, per ricordare un amico ucciso in battaglia, la poesia ‘In Flanders Fields’ è tuttora conosciutissima nei paesi di cultura anglosassone.

Tenente colonnello John McCrae
Proprio nelle prime righe della poesia, si fa riferimento ai papaveri, i primi fiori a sbocciare nei campi di battaglia.
Sono state però due donne, l’americana Moina Bell Michael e la francese Anna Guerin, a trasformare questo fiore in un simbolo nazionale denso di significato e a tutt’oggi molto diffuso. Ispirandosi alla poesia di McCrae, con la vendita di papaveri artificiali, raccolsero fondi a favore dei veterani delle guerre e riuscirono a sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema molto doloroso, convincendo anche organizzazioni come la National American Legion e la Royal British Legion ad adottare il papavero come simbolo.


In Gran Bretagna e più precisamente a Richmond nel Surrey esiste poi dal 1922 la Poppy Factory, una ditta-charity che produce questi papaveri artificiali che ogni anno realizza ben 36 milioni di fiori e 80.000 corone e che fornisce i papaveri indossati da tutta la Famiglia Reale. La Poppy Factory iniziò la sua attività dando lavoro ai veterani di guerra e ancora oggi i suoi dipendenti sono uomini e donne che, durante il loro lavoro al servizio della nazione, hanno subito danni fisici disabilitanti.



Ogni anno nel Regno Unito un papavero-gioiello, creato dai più prestigiosi orafi d’oltremanica, viene messo all’asta durante il Poppy Ball ed il ricavato viene destinato alla Royal British Legion. Nel 2011, ad esempio, è toccato a Garrard, che si vanta di essere il marchio di gioielleria più antico del mondo, fondato a Londra nel 1735. La spilla è stata realizzata dagli esperti artigiani-orafi della Casa in oro rosso ricoperto di delicati smalti traslucidi con diamanti neri, rubini e tsavoriti. Sul retro porta l’incisione The Royal British Poppy Ball 2011 ed è valutata 25mila sterline.


lunedì 27 giugno 2016

Il Koh-i-Noor, la Montagna di Luce

Il Koh-i-Noor (in sanscrito “montagna di luce”) è il più famoso diamante del mondo, probabilmente estratto in Andra Pradesh, in India, da cui sarebbe derivato anche il suo gemello, il Darya – ye Noor (“mare di luce”). Più volte sequestrato come bottino di guerra, il diamante è appartenuto a molte dinastie, tra cui i Kakatiyas, i Rajput, i Mughal, gli Afsharid, i Durrani, i Sikh e, da ultimo, la corona britannica nelle cui mani ancora oggi si trova. Prima di essere tagliato era di ben 793 carati ed ora ne conta 105,6, pesa 21.6 grammi e rappresenta uno dei più grandi diamanti del mondo.

La leggenda dice che gli uomini che avessero posseduto la pietra, avrebbero governato il mondo e allo stesso tempo avuto grandi sfortune, mentre avrebbe portato fortuna se a possederla fosse stata una donna. Infatti, si dice che sia maledetta per gli uomini poiché nella storia tutti i sovrani maschi che la possedettero morirono poco dopo averla ottenuta o persero il regno. 


Babur, il primo sovrano moghul dell’India e discendente di Genghis Khan, cita nel Baburnama, la raccolta delle sue memorie, che una grande pietra, probabilmente proprio il Koh – i – Noor, era appartenuta ad un imperatore afghano senza nome costretto a cederla nel 1294 ad Alauddin Khilji. Sarebbe poi diventata di proprietà delle dinastie Tughlaq (che la strappò alla dinastia Kakatiya) e Lodi, e, infine, posseduto da Babur stesso nel 1526.
Anche Humayun, anch’egli sovrano moghul, menzionò un grande diamante nelle sue memorie e anche egli, che lo possedette, non ebbe grande fortuna. Suo figlio, il grande e illuminato Akbar, non tenne mai con sé il diamante e solo Shah Jahan, suo nipote, colui che ad Agra fece costruire il Taj Mahal per la sua amata sposa, utilizzò questo tesoro mettendolo nel suo bellissimo Trono del Pavone; ma Shah Jahan fu altrettanto sfortunato, visto che suo figlio Aurangzeb lo spodestò e lo fece rinchiudere nel Forte Rosso di Agra, fino alla sua morte. Aurangazeb fece tagliare il diamante da Hortenso Borgia, veneziano, che maldestramente ne ridusse il peso a ben 186 carati.
 La leggenda dice che Aurangzeb posizionò il Koh -i- Noor vicino ad una finestra in modo che Shah Jahan potesse vedere il Taj Mahal solo guardandone il riflesso nella pietra. Più tardi Aurangazeb portò il diamante nella capitale Lahore e lo aggiunse al suo tesoro dove rimase fino all’invasione del sovrano iraniano Nadir Shah nel 1739 che saccheggiò Agra e Delhi e, insieme al famoso Trono del Pavone, portò via anche il Koh -i- Noor.


Dopo l’assassinio di Nadir Shah nel 1747, la preziosa pietra passò nelle mani del suo generale, Ahmad Shah Durrani dell’Afghanistan. Nel 1830, Shujāh Shāh Durrani, il sovrano deposto dell’Afghanistan, riuscì a fuggire con il diamante e arrivò a Lahore dove il Maharajah Ranjit Singh, dell’ Impero Sikh, lo costrinse ad arrendersi. Ranjit Singh fu incoronato sovrano della regione del Punjab.
 Il 29 marzo 1849 gli inglesi conquistarono Lahore e il Punjab venne formalmente proclamato parte dell’Impero britannico in India. Una delle condizioni del Trattato di Lahore, scritto per formalizzare questa occupazione, era la seguente : “Il Koh-i-Noor, che è stato rubato a Shah Shujāhul-Mulk dal Maharajah di Lahore Ranjit Singh, deve essere ceduto da questi alla regina d'Inghilterra.
Il Governatore Generale responsabile della ratifica di questo trattato era Lord Dalhousie, altresì incaricato di acquisire il Koh-i-Noor. Il lavoro di Dalhousie in India mirava principalmente allo stanziamento delle attività indiane per l’utilizzo della Compagnia delle Indie Orientali.
 Dalhousie dispose che il diamante dovesse essere presentato da Dulīp Singh, giovane successore del Maharaja Ranjit Singh, alla regina Vittoria nel 1850. E così egli fece.
 Il 1° febbraio 1850, il gioiello fu sigillato in una piccola cassaforte di ferro, racchiusa in una scatola rossa, entrambe chiuse da un nastro rosso e un sigillo di cera e conservate in una cassaforte presso il Tesoro di Bombay in attesa che una nave a vapore arrivasse dalla Cina e lo portasse, a cura del capitano J. Ramsay, in Inghilterra per essere consegnato alla regina Vittoria.
Il 6 aprile 1850 il Koh-i-Noor, protetto da una cassaforte di ferro a bordo della nave capitanata da Lockyer, partiva da Bombay alla volta dell’Inghilterra in un viaggio che si rivelò difficile a causa del colera e delle burrasche in mare, confermando ancora una volta la sua fama di portatore di disgrazie.


Finalmente la nave arrivò in Gran Bretagna il 29 giugno 1850 e a Spithead, vicino a Portsmouth, il 1° luglio 1850, la grande gemma lasciò la nave. La mattina del 2 luglio 1850, Ramsay e Mackeson in compagnia del signor Onslow, il segretario privato del Presidente del Tribunale di Amministrazione della British East India Company, arrivarono a Londra con il treno dove consegnarono il diamante nelle mani del Presidente e del Vice Presidente della Compagnia. Il 3 luglio del 1850 il Koh-i-Noor venne finalmente consegnato alla regina.


Nel 1851 il pubblico britannico poté ammirarlo in occasione di una grande mostra all’uopo allestita in Hyde Park. Ma si riteneva che quella gemma, avendo un taglio a rosa, non brillasse a sufficienza e così, l’anno successivo, venne nuovamente tagliata. L’incarico di forgiare la “montagna di luce” venne dato a Mozes Coster, uno dei più grandi e famosi commercianti di diamanti olandesi che mandò a Londra uno dei suoi artigiani più esperti , Herr Voorsangerenti. Il 6 luglio 1852, con l’ausilio di un mulino a vapore costruito apposta per il lavoro, iniziò il taglio del diamante, sotto la supervisione personale del consorte della regina Vittoria, il principe Alberto; l’operazione richiese 38 giorni di 12 ore ciascuno. Il diamante venne ridotto da 186 (1/16) carati (37,21 g) agli attuali 105,602 carati ( 21,61 g). Effettivamente il nuovo taglio ovale conferì alla pietra maggiore brillantezza.La pietra venne poi montata su una spilla che Queen Victoria, proclamata imperatrice dell’India nel 1877, indossava spesso. Fu conservato al Castello di Windsor invece che con il resto dei gioielli della corona nella Torre di Londra.



Dopo la morte della regina Vittoria venne incastonato nella nuova corona di diamanti che la regina Alexandra indossò in occasione dell’incoronazione del marito, il re Edoardo VII. Alexandra è stata la prima regina consorte ad utilizzare il diamante nella sua corona, seguita dalla regina Maria Elisabetta, la consorte di re Giorgio VI e madre di Elisabetta.


Il diamante attualmente abbellisce la corona della Regina Elisabetta ed è in mostra presso la Torre di Londra. Ancora oggi si ritiene che porti sfortuna al maschio, ma non alla donna, che lo indossi o lo possieda.
L’India ha rivendicato il Koh-i-Noor ritenendo illegale la sua dipartita nel 1800 e ne ha chiesto la restituzione. Quando la regina Elisabetta II visitò l’ India, durante la celebrazione del 50°anniversario di indipendenza nel 1997, molti indiani in India e in Gran Bretagna chiesero il ritorno del diamante. Il 21 febbraio 2013, durante una visita in India, David Cameron, il primo ministro britannico, dichiarò che sarebbe illogico restituirlo.

Moser...uno scettro di cristallo: la storia continua...

Il 1923 è l’anno del miracolo: duecentotredici pezzi della collezione Pope vengono regalati a Papa Pio IX al momento della sua salita al soglio pontificio. Il resto è storia contemporanea non meno altisonante: nonostante l’azienda paghi dazio alla grande depressione economica degli anni trenta che la vede costretta a ridurre drasticamente il personale, i suoi cristalli mantengono una costante qualitativa inimitabile. Del 1940 è il “Diploma di Gran Premio” ricevuto dall’azienda cecoslovacca alla Biennale di Milano.


Nel 1947 il servizio Splendid è offerto come regalo di nozze alla regina Elisabetta II d’Inghilterra. Il marchio è talmente affermato che nemmeno il pugno di ferro del regime comunista e la nazionalizzazione di tutte le industrie del 1948 annienta o svilisce la produzione. Pezzi unici continuano ad essere esposti e premiati in tutta Europa: Francia, Inghilterra, Belgio, Austria e Italia.


Questa fama internazionale vale all’azienda l’epiteto di “Re del vetro, vetro dei re”. E dei presidenti, verrebbe da aggiungere. Perché, venendo ai nostri giorni, anche di recente il primo ministro ceco Peter Nečas, in occasione di un incontro con Barack Obama, ha offerto all’inquilino della Casa Bianca un servizio di bicchieri e una caraffa Moser, spiegando che questi prodotti «rappresentano nel modo più opportuno la Repubblica Ceca nel mondo».
...segue
 

domenica 26 giugno 2016

L'Opale, simbolo della speranza e della purezza



L’opale è un ossido di silicio idrato, significa che contiene fino al 20% di acqua. L’opalescenza, che è un fenomeno di rifrazione della luce, è una caratteristica dell’opale ed è dovuta all’interferenza con la luce delle sferette di silice in esso contenute.


L’opale si forma attraverso un lento deposito geologico di un gel colloidale di silice a bassa temperatura. La presenza di altri minerali al suo interno determinano varietà con distinte caratteristiche di colore. L’opale color latte, bianco, iridescente è dato dalla presenza di calcio e manganese. Il suo nome è già di per sé una certezza: sanscrito upala, greco opallios e latino opalus: tutto per significare “pietra preziosa”.


Numerose citazioni dimostrano che questa pietra è stata apprezzata dalle diverse culture nel corso dei secoli. Lo studioso romano Plinio descrive l’opale come avente “il fuoco del granato, il porpora brillante dell’ametista e il colore verde mare dello smeraldo, tutti scintillanti insieme in un’incredibile unione”. I Romani lo adoravano come il simbolo della speranza e della purezza. A quel tempo si pensava che chi lo indossava fosse protetto dalle malattie.


Nell’antica Grecia si credeva che gli opali avessero il potere di conferire la preveggenza a chi li indossava. Secondo la mitologia greca, fu creato da Zeus felice per la sconfitta dei Titani, mentre secondo quella indiana rappresenta la Dea dell’Arcobaleno trasformata in pietra mentre tentava di sfuggire ad alcuni dei che la importunavano.
Opale trovato in Oregon, nell'Opal Butte
I popoli orientali avevano una grande stima di questa gemma considerata sacra perché racchiudeva lo spirito della verità. Gli Arabi credevano che l’opale cadesse dal cielo in lampi di luce e che in questo modo acquistasse i suoi splendidi colori.
Tra gli occidentali, gli Elisabettiani erano fra gli ammiratori più ardenti: “questo miracolo era la regina delle gemme”, scrive Shakespeare nella Dodicesima notte. Nell’Ebreo di Malta di Marlowe, l’inventario di un tesoro comincia : “sacchi di opali infuocati, zaffiri e ametiste, giacinti, topazi e smeraldi verde erba.


L’ opale è la pietra per l’anniversario del 14 ° anno di matrimonio. E’ una gemma fragile, pertanto bisogna abbinarla ad altre di pari o inferiore durezza, comunque al di sotto del 5 della scala di Mohs. È sensibile agli urti, a cosmetici, saponi, prodotti per la pulizia. Senza umidità l'opale finisce per "morire" il che significa che perde la sua opalescenza, la sua luce. Pertanto necessita di essere tenuta lontano da fonti di calore.
L’opale molto chiaro è la pietra abbinata ai segni dei Pesci e Cancro; l'opale in generale sembra essere la pietra dei nati ad Ottobre.

Ciondolo Art nouveau

sabato 25 giugno 2016

Moser...uno scettro di cristallo: la storia continua...


La vera svolta arriva vent’anni dopo, nel 1893, quando Ludwig Moser prende le redini di una fabbrica che produce vetro a Karlovy Vary registrandola col nome di Karlsbaderglasindustrie Gesellschaft Ludwig Moser & Söhne. La nuova azienda, che dall’inizio impiega quattrocento operai, comincia la produzione di cristalli di Boemia senza piombo secondo una formula che impiega calcio e potassio.
Il prodotto finito è più leggero, meno rifrangente, e d’una luminosità straordinaria.


 Queste caratteristiche assieme agli intagli, incisioni dorate e floreali sono da subito la firma inconfondibile di questa produzione d’arte. L’azienda, che vede impiegati anche i due figli di Ludwig Moser, Gustav e Rudolfd, diventa ben presto un punto di riferimento europeo e mondiale per lavorazione ed esportazione di preziosi oggetti di cristallo: bicchieri d’ogni forma e colore, caraffe, piatti, vasi.


Nel 1901 all’azienda boema si spalancano le porte d’Oriente e Moser diventa fornitore esclusivo di cristalli per lo Shah di Persia. Bastano pochi anni e anche l’Europa cade convinta e conquistata dalla bellezza fragile e luminosa di questi oggetti: prima, nel 1904, l’imperatore d’Austria, poi, quattro anni più tardi, la corte d’Inghilterra, retta da Edoardo VII, scelgono di riempire i propri salotti con i cristalli prodotti a Karlovy Vary. Nel 1910, accanto al lavoro di incisione e taglio, appare il decoro acidato marcato ad oro.
..segue



venerdì 24 giugno 2016

Moser, uno scettro di cristallo

Questa è una storia di artigiani. Cominciata al tempo dell’Impero, alla periferia dell’Impero. Allora si chiamava Karlsbad, Karlovy Vary, quando la Boemia era l’ultima regione settentrionale della grande Austria-Ungheria. Questa storia, è una storia d’oggetti che si fanno con le mani, concepiti, eseguiti nelle due stanze di una bottega. O almeno, così è cominciata, cento cinquantacinque anni fa, l’avventura di Ludwig Moser nel mondo del cristallo.
 


È il 1857, quando nella città delle “Terme di Carlo” questo giovane tedesco di origine ebraica fonda la Ludwig Moser & Söhne, un laboratorio di lucidatura e incisione del vetro prodotto nella regione.
Prima lavorato per semplice necessità, destinato ad oggetti d’uso quotidiano, dal XV secolo il mercato del vetro tedesco entra in competizione diretta con la produzione di cristallo veneziano smaltato e decorato. È allora che la necessità dettata dalle leggi di mercato aguzza l’ingegno degli artigiani boemi: ammirazione, osservazione, duro lavoro permettono di uguagliare, migliorare, infine superare il cristallo prodotto in Laguna.


 




La nuova formula prevede la produzione di un vetro più potassico di quello veneziano, più robusto, capace di resistente ad un’incisione alla ruota. Passano gli anni, si fanno aggiustamenti su formule e materiali di produzione: l’aggiunta di carbonato di calcio come stabilizzante nel composto è un ulteriore passo avanti.
Nel settecento cominciano le esportazioni verso l’America, l’Europa meridionale, la Scandinavia e la Russia, che aumentano costantemente col passare degli anni. Così, con questa eredità sulle spalle, Moser comincia a cesellare i suoi vetri. Il primo successo arriva dalla capitale: all’esposizione internazionale di Vienna del 1873 i suoi cristalli sono premiati per qualità e bellezza d’incisione. Ma non è che un inizio promettente.
..segue

Acquamarina


L' Acquamarina - il suo nome deriva dal latino, “aqua marina” perciò “acqua di mare”, per il suo colore azzurro, che va dal molto chiaro al turchese. L' Acquamarina è un membro della famiglia dei Berilli (dal greco antico “beryllos”: gemma verde-blu), spesso denominata anche “madre delle gemme” per le sue varietà di gemme pregiate. Oltre i blu dell'Acquamarina possiamo elencare i rossi della Bixbite, i verdi dello Smeraldo, i bianchi della Goshenite, i gialli dell´Eliodoro e i rosa della Morganite.


Il colore dell'Acquamarina è dato dalla presenza di tracce di ferro: le varie concentrazioni di questo elemento danno luogo a una meravigliosa gamma di delicate tonalità pastello fino al blu più profondo, talora con sprazzi di verde.Nella sua forma pura è una gemma preziosa da gioielleria. L’acquamarina è stata apprezzata ed usata nel corso della storia, perché si presenta spesso in grossi cristalli di una trasparenza perfetta e il colore puro dell’acqua di mare.
ll Brasile è ancora uno degli esportatori maggiori al mondo per questa gemma, anche se altri Paesi come la Nigeria, il Madagascar, il Mozambico e lo Zambia hanno guadagnato un ruolo importante nell'estrazione dell'Acquamarina.


L´aura delicata dell'Acquamarina è leggendaria: secondo un´antica tradizione questa gemma avrebbe calmato le ire del dio del mare, Poseidone (Nettuno per gli antichi romani). Era usanza, infatti, che i marinai lanciassero amuleti di Acquamarina in mare durante le tempeste per rabbonirsi il dio del mare e per evitare che la sua irritabilità provocasse terremoti e naufragi. L'Acquamarina, pietra di nascita del mese di marzo, avrebbe non a caso un influsso positivo sulla perspicacia e sulla saggezza.



L’Occhio di Tigre : la pietra del giudizio


L’Occhio di Tigre è una varietà di quarzo caratterizzata dalla presenza di fitte fibre di crocidolite, responsabili della colorazione dorata e dei riflessi luminosi che lo fanno assomigliare agli occhi delle tigri.
Il suo colore più comune è il nero-bruno, sfumato con effetti cangianti grazie a riflessi iridescenti, proprietà ottica definita “gatteggiamento“. La maggior parte di queste pietre provengono dal Sud Africa, ma si trovano anche in Brasile, India, Birmania, Australia e Stati Uniti.


I soldati romani portavano in battaglia un Occhio di Tigre sul quale erano scolpiti simboli portafortuna.
Nel Medioevo era usato come pietra protettiva contro i sortilegi e i demoni e per attrarre la ricchezza. Permette di difendersi da situazioni opprimenti e da persone che tendono al controllo e a invadere lo spazio degli altri. Dona equilibrio emotivo, riduce l’ansia e gli effetti dello stress.
E’ la pietra del giudizio: permette di fare chiarezza nelle proprie idee e di gestire le situazioni più critiche con saggezza e senza esitare.


Esalta lo spirito d’iniziativa ed è particolarmente indicata per le persone dispersive, incoerenti e incapaci di tradurre la volontà in azione. Regolarizza e riscalda l’organismo, è indicata per gli organi dell’addome e le affezioni all’apparato respiratorio.
Alcuni antichi testi riportano che gli Arabi e i Greci veneravano l'occhio di tigre come pietra che rallegrasse chi lo indossava e aumentasse la sua prontezza. E’ una pietra che viene considerata come un simbolo maschile. Durezza: 8,5 della Scala di Mohs.