venerdì 25 agosto 2017

Rubino - Cristallo di luce





Il Rubino deriva il nome dal latino “ruber”, rosso. Mentre molte gemme rosse continuarono a essere chiamate ‘Rubini’ fino ai progressi della scienza gemmologica nel XVIII secolo, per tutta l’antichità Rubino, Granato e Spinello vennero complessivamente designati col termine “carbunculus” (‘piccolo carbone’ in latino). Note agli antichi Greci col nome di “antrax” (carbone vivo), queste pietre erano bellissime gemme di colore rosso intenso che, esposte al sole, diventavano del colore dei carboni ardenti.



Il Rubino è accanto allo Zaffiro una varietà colorata del minerale Corindone (un cristallo di ossido di alluminio), che deriva il suo nome dal sanscrito “kuruvinda”. Il Corindone produce gemme ‘allocromatiche’, e sono tracce di elementi come cromo, ferro e titanio, oltre che centri di colore, a essere responsabili del suo arcobaleno di colori. Il Rubino deve il suo rosso al cromo, mentre una tonalità marrone deriva dalla presenza del ferro.
Gli Zaffiri presentano anche colorazioni rosse e arancio (come ad esempio lo Zaffiro Tramonto), ma queste tonalità non rientrano nello spettro cromatico assegnato al rosso Rubino. Se quindi i rossi del Corindone sono detti “Rubino”, gli altri colori sono chiamati “Zaffiro”. Anche il purosangue Rubino è però solo per l´80% rosso e per il restante mostra tonalità arancio, rosa acceso, lilla e violetto.




I Rubini dello Sri Lanka venivano usati già dagli antichi greci e romani a partire dal 480 a. C., fatto che renderebbe lo Sri Lanka la fonte più antica di estrazione per questa gemma, anche se l´origine “classica” del Rubino è la Mogok Valley, nel centro settentrionale della Birmania.

Oggi il Rubino viene estratto anche a Möng Hsu, nella Birmania nord orientale. Questo Paese, grazie alla presenza di esemplari dal colore classico e dalla forte trasparenza, è considerato tra i primi luoghi estrattivi di Rubini al mondo e il suo nome è stato talmente legato a questa gemma, che in passato il titolo degli antichi re era proprio “Signore dei Rubini”.

Altre fonti del Rubino sono Afghanistan, Cambogia, Cina, India, Kenya, Madagascar, Mozambico, Pakistan, Sri Lanka, Tanzania, Thailandia e Vietnam.

Cristalli di rubino nel marmo della valle di Hunza in Pakistan

Secondo Plinio le pietre rosse venivano suddivise in carbonchi maschi e carbonchi femmine, a seconda del colore più o meno intenso e, come già detto, anche il rubino rientrava in questa classificazione.
Nell’antichità possedere rubini era segno di dominio, vittoria, amore e fede.
Secondo una delle tante leggende che riguardano questa gemma, la spada dei Burgundi, conquistata da Sigfrido che sconfisse i Nibelunghi, avrebbe avuto l’impugnatura tempestata di rubini.

Timour Ruby
Bisogna precisare che le gemme incastonate nei Gioielli della Corona d’Inghilterra, il famoso “Timour Ruby” (dal conquistatore mongolo Timour le Boiteux) e il “Black Prince’s Ruby”, per molto tempo considerati rubini, sono invece bellissimi spinelli rossi.

The Black Prince's Ruby
Il famoso commerciante di gemme Tavernier, vissuto nel XVII secolo, scrisse di aver visto, durante i suoi numerosi viaggi, molti rubini di considerevole caratura e bellezza fra i quali, in India, quello del Re di Bijapur: un cabochon di 17,5 ct.
Altri rubini famosi sono il “Peace Ruby” di 42 ct, il “Chatrapati Manick Ruby” di circa 40 ct, l’“Edwardes” di 167 ct (conservato nel British Museum di Londra), un esemplare di 250 ct incastonato nella Corona di Carlo IV del 1346 (conservato a Praga), un rubino birmano di 27,11 ct (conservato nel Museo Narodni di Praga) e, fra quelli asteria, il “De Long” di 100 ct circa (conservato nel Museum of Natural History di New York) e il “Rosser Reeves” di 138,7 ct (conservato nella Smithsonian Institution di Washington).

Rosser Reeves

venerdì 2 giugno 2017

Turchese, pietra dello spirito


Il nome moderno “Turchese“ è in qualche modo un nome errato: quando fu portato in Francia da un commerciante veneziano, venne chiamato “pierre turquois”, ossia “pietra turca”, nonostante la sua origine fosse persiana. Questo nome non fu però l’unico: in Persia era denominato “ferozah”, che significa “vittorioso”. Fino al 13. secolo era conosciuto come “calläis“, che significa “gemma bella”, nome che deriva probabilmente dall’antico greco “kalláïnos”, così come “callaina”(latino).

Il Turchese è un fosfato idrato di alluminio e di rame. Il colore blu fino al blu-verde varia d’intensità, anche se storicamente si è sempre preferito un blu cielo con un grado intermedio di chiarezza e saturazione; di contro le tonalità verdi sono considerate meno preziose.

Turchese grezzo e lavorato

Il Turchese è una gemma ricca di miti, poichè è stata una delle prime pietre preziose a essere stata estratta.
Le sue prime estrazioni risalgono addirittura al 6.000 a.C nell’antico Egitto e nel 5.000 a. C. da parte dei Persiani e per questo è stata una pietra amata da molte culture, come, ad esempio, dai nativi americani, che usavano il Turchese come elemento irrinunciabile per la fabbricazione dei loro gioielli I bracciali Zuñi e le cinture delle popolazioni Navajo, così come le maschere degli Aztechi erano tutti decorati da meravigliosi Turchesi. Tra i tesori di Moctezuma II. (1466-1520), nono imperatore azteco all’inizio della conquista del Messico da parte degli Spagnoli, c’era un serpente intagliato in Turchese.

Serpente a due teste azteco

Dal 16. Secolo il Turchese era inoltre usato come moneta dagli abitanti dell’America sud-occidentale. Oggi è la pietra nazionale dell’Iran.

Amuleto egizio di Horus
Grande scarabeo alato - Periodo Tolemaico IV-I sec. a.C

Tale minerale è rinvenibile soprattutto nei giacimenti secondari di rame, in rocce alluminifere ignee o sedimentarie che sono situate in zone dal clima piuttosto arido. Il Turchese si trova in natura prevalentemente sotto forma di incrostazioni.

Il giacimento più importante di Turchese si trova in Iran, nella località di Ali-Marsa-Koh che è situata presso Nishapur. Altri giacimenti sono stati scoperti in Uzbekista, Kazakistan, in Messico, nel Sinai, negli Stati Uniti d’America presso gli stati del Nevada, del New Mexico e dell’Arizona, in Africa, Turchia, Australia, Siberia, Perù e Tibet.

Tiara di Farah Diba - Turchese e Diamanti
Sono tante le varietà di Turchese presenti in natura. Tutte le varietà hanno finito per assumere il nome della zona presso la quale sono state individuate. E’ per questo motivo che abbiamo:
• il turchese persiano
• il turchese nepalese
• il turchese americano
• il turchese africano
• il turchese cinese
• il turchese messicano


Ci sono anche delle eccezioni, ovvero della varietà di Turchese che hanno assunto un nome non corrispondente al paese dove sono state rinvenute. Il Turchese giallo limone presenta un richiamo evidente al suo aspetto cromatico. Il colore è giallo chiaro anche se non è raro vedere anche un po’ di verde. Il Turchese giallo limone proviene dalla Cina.


Sin dai tempi antichi il Turchese è stato utilizzato come pietra ornamentale e preziosa. A fini gemmologici viene tagliata soprattutto a cabochon a superficie curva e senza sfaccettature.
Grazie a questo taglio il Turchese viene utilizzato per realizzare orecchini, anelli, sfere per collane, statuette. Gemme famose realizzate col Turchese si trovano al British Museum di Londra e al Metropolitan Museum of Arts di New York.

Donna con cane e puttino alato
Nel Tesoro di San Marco a Venezia sono conservate delle Turchesi, così come nel Museo degli argenti di Firenze.

 Coppa in pasta vitrea samlti e pietre preziose del tesoro di San Marco

Sia la tradizione occidentale che quella orientale assegnano al Turchese la capacità di portare fortuna e di fornire protezione contro i sortilegi. Quando il suo colore muta è il segnale dell’imminente arrivo di una situazione di pericolo. E’ conosciuto anche come spugna della negatività.

Gli egiziani consideravano il Turchese il simbolo dell’universo ed era il segno che Dio era presente sulla terra.
Tutte le civiltà antiche nutrivano molto rispetto e considerazione per il Turchese. Ad esempio, per gli Indiani d’America era un minerale da scambiare e da utilizzare per gli ornamenti degli edifici e delle tombe. Erano, inoltre, convinti che portasse fortuna a coloro i quali partecipavano alla guerra.

Maschera Azteca
Per conservare nel migliore dei modi il nostro Turchese dobbiamo evitare che entri in contatto con sostanze acide, profumi, acqua e il nostro stesso sudore.
Il Turchese è una pietra particolarmente sensibile. Come accade per i quarzi, non dovrebbe essere esposta al sole o fonti di calore. Il modo migliore per pulirla invece è tenerla per uno o due minuti sotto l’acqua corrente. Può essere ad esempio tenuta al collo durante una doccia, purché ovviamente il ciondolo non sia fatto anche con materiali che si rovinano sotto l’acqua.

Spilla con turchesi naturali e brillanti - anni Cinquanta


venerdì 28 aprile 2017

Lapislazzuli: un bellissimo dono degli Dei


Un bellissimo dono degli Dei: così è considerato da millenni il Lapislazzuli, che sembra un pezzo di ‘cielo sempre stellato’, come lo definì Plinio per la sua colorazione picchiettata d’oro.
E’ una pietra apprezzatissima, con una forte personalità, regale: i sovrani se ne facevano ricavare oggetti ornamentali e amuleti. In realtà non è un minerale singolo ma una mescolanza, in cui predominano minerali azzurri (lazurite, sodalite, haüynite), con le caratteristiche inclusioni di pirite che ricordano appunto le stelle.
Il lapislazzuli (meno comune lapislazuli o lapislazoli) è una delle pietre preziose considerate tali da più tempo nella storia. La storia di questa gemma risale al V millennio a.C., fu molto usata per la fabbricazione dei gioielli trovati nelle tombe faraoniche in Egitto.

Rivestimento della Porta di Ishtar, nell'antica Babilonia
È prevalentemente di colore azzurro intenso (ma ne esistono anche campioni di colore più vicino al celeste, a seconda della quantità di calcite).
Il lapislazzuli è costituito da una elevata concentrazione di lazurite con associati altri minerali accessori come calcite e inclusioni di pirite.

Il lapislazzuli si trova in giacimenti soprattutto in Afghanistan (Miniera di Sar-e-Sang, in Badakhshan, citata anche da Marco Polo), in Cina e Cile. È presente anche in alcune effusioni dei vulcani campani e laziali.

Nel Buddhismo viene considerato uno dei sette tesori e equiparato alla coscienza di sé.



Con il lapislazzuli si creava attraverso la macinazione e altri procedimenti, il più pregiato blu degli affreschi medievali, dalla tonalità intensa ed estremamente resistente nel tempo. Il costo di questa materia prima era paragonabile a quello dell'oro, se si pensa che le uniche miniere conosciute erano in Afghanistan. La ricchezza del materiale aveva anche un significato devozionale: nell'arte sacra ritrarre la divinità con materiali preziosi era una sorta di offerta che si faceva nei loro confronti.

Il lapislazzuli, come nel passato, continua tuttora ad essere usato in gioielleria, nell'intaglio e nella scultura. Famose sono le coppe e i vasi in lapislazzuli che appartennero ai Medici, famiglia regnante a Firenze nel XIV - XVIII secolo. Michelangelo ne usa abbondantemente sia per affrescare la Cappella Sistina (in particolare nel Giudizio universale) che la Cappella Paolina (Conversione di Saulo e Crocifissione di san Pietro). Anche Giotto utilizzò il blu lapislazzuli negli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova.



Cappella degli Scrovegni, Padova

A Roma nella Chiesa del Gesù, alla sommità dell'altare di Sant'Ignazio di Loyola, c'è una grande sfera ricoperta di lapislazzuli.

Altare di S.Ignazio di Loyola

Il significato della parola “lapislazzuli” risale alla parola persiana “lazur”, che vuol dire “pietra blu”. In genere il lapislazzuli proviene dall’Afghanistan, ma si trova anche in Italia, in Egitto, in Cile, in Russia e negli Stati Uniti.
Si tratta di pietre molto lucide e belle da vedere, ma possono assumere colori diversi a seconda delle tracce presenti al suo interno. Normalmente si trova nella variante blu e contiene inclusioni di calcite bianca e pirite dorata.
Blocco di Lapislazzuli

Il lapislazzuli è una pietra di un blu intenso, è collegata alla verità e all’illuminazione e stimola il Terzo Occhio e la ghiandola pineale. È sempre stato tra i minerali più apprezzati in antichità, grazie anche alla sua evidente bellezza.
Il lapislazzuli è una pietra utile in cristalloterapia quando si vogliono alleviare rabbia e pensieri negativi, così come le sensazioni di frustrazione che producono ira. È storicamente una pietra legata alla regalità e aiuta anche a bilanciare gli aspetti maschili e femminili della propria personalità. L’energia di questi cristalli blu può intensificare l’evoluzione delle capacità psichiche e l’intuizione.
Il lapislazzuli è conosciuto da migliaia di anni: risale infatti ai tempi dei faraoni. È stato sempre molto apprezzato dagli Egizi sia come amuleto che per creare gioielli e ne sono stati rinvenuti degli esemplari anche nella tomba del faraone Tutankhamon.


Secondo la Bibbia, una delle pietre del pettorale del Sommo Sacerdote di Gerusalemme era proprio il lapislazzuli. Parte del Libro dei Morti è stato scritto su una lastra di questo minerale, mentre testi classici documentano come i popoli antichi riconoscessero grande valore a questo splendidi cristalli blu.
Venivano infatti considerate pietre sacre, collegate alla spiritualità, alla saggezza, all’illuminazione e all’armonia.
 
Gioielli scoperti nelle tombe egizie
Estrazione dei Lapislazzuli 

Il giacimento di Lapislazzuli per eccellenza è quello di Sar-e-Sang, situato nell’aspra Kokcha Valley, nel remoto Distretto di Badakhshan, nel nord dell’Afghanistan. Attivo da oltre 7000 anni, è la sede di alcune delle più antiche miniere del mondo.

Mappa dei giacimenti di Lapislazzuli nel mondo
Minatore

Esposizione di minerali

Esistono certamente altri giacimenti di Lapislazzuli, ma quello afghano rimane il migliore per reputazione ed esperienza. Nell’antichità, il Lapislazzuli dell’Afghanistan veniva esportato lungo le antiche vie commerciali verso Mesopotamia, Egitto, Grecia, Roma, India, Cina e persino Giappone.
Il geografo persiano medievale Estakhri visitò le miniere afghane di Lapislazzuli nel X secolo e quando, nel XIII secolo, Marco Polo le visitò a sua volta, scrisse: “C’è una montagna in quella regione, dove si trovano i più bei Lapislazzuli del mondo”.
Per i suoi numerosi giacimenti il Lapislazzuli è diventato il 20 settembre 1984 la pietra nazionale del Cile. Ulteriori Paesi dove si estrae questa meravigliosa gemma sono la Russia (Lago Bajkal), l’Angola, la Birmania, il Canada, il Pakistan e gli Stati Uniti.

Storia dei Lapislazzuli

I Lapislazzuli sono stati citati già nel 2650 a.C. nell’ “Epica di Gilgamesch”, celebre poema dell’antica Mesopotamia. L’antica città sumera di Ur aveva un fiorente commercio di Lapislazzuli e le sue tombe reali, portate alla luce nel 1920, contenevano più di 6000 squisite statuette, piatti, perline e sigilli di Lapislazzuli.
Gli antichi egizi, così come gli antichi romani e greci, attribuivano a questa gemma celeste una forza divina. Usato per cerimonie religiose e come ornamento personale, il Lapislazzuli è stato indossato anche come talismano, amuleto e gioiello intarsiato.
Scarabeo di Lapislazzuli
Inoltre era usanza impiegarlo come ricompensa per il coraggio e soprattutto i Romani credevano che fosse un forte afrodisiaco. Nel Museo delle Arti decorative di Namur si può ammirare un antico busto romano di Lapislazzuli.


Nel I. secolo d. C. lo storico romano Plinio il Vecchio descrive il Lapislazzuli come “un frammento della volta stellata del cielo”.
Tenuto in gran conto dagli alchimisti, il Lapislazzuli fu usato anche nell’arte come pigmento. La gemma veniva polverizzata e unita all’olio, per ottenere il colore “oltremare”.

Pigmento di Lapislazzuli
La meravigliosa tonalità blu si trova, ad esempio, nelle miniature persiane del XII. e del XIII. sec., così come nell’ “Ultima Cena” di Leonardo da Vinci o in una miniatura nella Chiesa di Saint-Germain d’Auxerre. Il colore “oltremare” naturale era molto richiesto per la sua intensità e per la resistenza alla luce e il suo prezzo superò addirittura quello dell’oro. A partire dal 1828 il colore è stato prodotto sinteticamente, diventando più accessibile.

Botteghe Granducali o manifattura milanese Pierre Delabarre - Coppa con delfini, draghi e bambino seconda metà del Cinquecento (coppa); 1625-1645 (montatura)

Varietà del Lapislazzuli

Secondo alcuni trattati persiani che parlano di Lapislazzuli, i suoi colori si possono classificare in tre classi: nili (blu scuro), assemani (blu chiaro) und sabz (verde).
Nella valutazione del Lapislazzuli il colore più bello è ritenuto essere il blu reale uniforme (ricco blu violaceo). Difformità di colore o, in generale, tracce di verde, influenzano negativamente la bellezza e il valore della gemma. Di contro la presenza della Pirite regala al Lapislazzuli una nota mistica e suggestiva.
Gli esemplari del Cile presentano un colore chiaro per l’alta percentuale di calcite.



Caratteristiche del Lapislazzuli 

Riguardo al taglio, il Lapislazzuli è una gemma semplice da tagliare. L’unico limite è la fantasia del tagliatore. In generale viene prescelto il taglio cabochon, ma può essere lavorato anche per tavole, perline, incisioni o figurine.

Ariete di Lapislazzuli
Può essere difficile trovare dei blu uniformi e intensi ed esemplari compresi tra i 10 e i 20 carati sono ritenuti eccezionalmente rari.
Il Lapislazzuli non è solo una gemma antica, con 7.000 anni di storia alle sue spalle, ma è anche connessa a differenti mitologie e tradizioni.


Cura del Lapislazzuli

Il Lapislazzuli ha bisogno di attenzioni particolari. Non può essere esposto nè a fonti di calore, nè ad acqua bollente, così come bisogna evitare saponi, soluzioni acide e saline. Per la pulizia è sufficiente utilizzare un panno asciutto o leggermente umido.